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Rimini - Ariminum

par Mattia Vitelli Casella - Date de création : 27/02/2017

Etat-civil

Nom(s) antique(s)
Ariminum
Nom moderne Officiel
Rimini
Commune (moderne)
Rimini
Région (moderne)
Emilia-Romagna
Pays (moderne)
Italy

Coordonnées

Latitude
44.059259
Longitude
12.568563
Source
Google Earth
Altitude
4

Groupe ethnique

Senones, Umbri

Regio ou provincia

Aemilia, exarchatus Ravennatis, Regio VIII

Ager coloniae / municipalis / civitatis

Ariminum

Statut du site (définition antique)

colonia, conciliabulum, municipium

Tribus

Aniensis

Type de site

ville

Chronologie

Périodes
Epoque Hellénistique – Fin de la République romaine
Haut-Empire romain
Antiquité tardive
Continuité d'occupation

Début

Année
-350

Fin

Année
751

Description générale

Si tratta di una colonia latina, fondata da Roma sul territorio degli sconfitti Galli Senoni nel 268 a.C., laddove già esisteva una forma di insediamento composto da genti di diversa origine – Umbri in testa - che si era strutturato nel corso del IV sec. a.C. (Luni 1995: 201-205, Ortalli 2010: 558-562). Alla fase immediatamente precedente al 268 a.C. si deve ricondurre, tra l’altro, anche la presenza di una zecca autonoma a testimonianza dello sviluppo come centro di riferimento per l’ager Gallicus, che in quel momento lo Stato romano aveva già inserito in un disegno di controllo del territorio, favorendo un precoce stanziamento di genti centro-italiche, come emerge, in particolare, dalle tipologie ceramiche (Ortalli 2006; Gorini 2010). È interessante notare, com’è emerso da scavi recenti, che l’insediamento presentava un’identità planimetrica – giudicata non casuale (Ortalli 2010) – con la colonia di qualche decennio successiva. La posizione era strategica, perché – oltre ad essere alla foce di un corso d’acqua - era sita in un punto di transito obbligato per il passaggio dall’Italia centrale alla Pianura Padana, allo sbocco sia del percorso adriatico – che più tardi sarà seguito dalla via Flaminia – sia della pista transappenninica nella valle del fiume Ariminus, attuale Marecchia, che scendeva nella valle del Tevere e quindi si dirigeva verso Arezzo. Il tracciato del fiume fu seguito nel momento della fondazione, in quanto parallelamente ad esso fu stabilito il cardo maximus della città, mentre il decumanus corrisponderà all’asse di collegamento tra le vie Flaminia ed Emilia. Nei primi decenni di vita e fin durante la guerra annibalica, la deduzione coloniaria ebbe la funzione soprattutto di difendere il territorio da altre incursioni galliche, quindi quella di costituire una testa di ponte, per iniziare l'espansione verso la Pianura Padana. Le fonti (Pol. 2. 21) ricordano l’episodio del 236 a.C., quando i contingenti celtici conversero davanti alle sue mura, perché lì i consoli P. Cornelio Lentulo e C. Licinio Varo avevano radunato gli eserciti, e la loro tattica attendista provocò l’implosione del fronte gallico. Più volte, poi, durante la guerra annibalica fu il luogo di concentramento delle armate romane e probabilmente ciò fu determinante nella scelta del Barcide di attraversare gli Appennini da un passo posto più a Ovest. Nel corso della guerra il suo comportamento fu fedele a Roma. Il suo valore strategico fu ulteriormente esplicitato con la costruzione delle vie consolari Flaminia (220 a.C.) e Emilia (187 a.C.). Della prima fase romana gli scavi hanno testimoniato le mura, che dalla fondazione mantennero lo stesso tracciato per tutta l’antichità, nonché impianti abitativi e produttivi, impegnati nella realizzazione, tra l’altro, di un tipo di manufatto, che in questo territorio è specifico di Rimini: i pocola deorum (Ortalli 2010). Questi in particolare, ma anche altri reperti fittili – specie quando iscritti -, ci illuminano sulla società e la religiosità dei primi coloni ed è da rimarcare, a questo proposito, la precoce diffusione ad Ariminum del modello della comunicazione epigrafica. Dalla stessa tipologia ceramica si evince un nesso con l’area laziale, perché siamo di fronte all’unico gruppo di tali recipienti potori che sia stato rinvenuto al di fuori dell’area centro-italica, la cui diffusione ripercorre i vettori dell’espansione coloniale romana. Oltre all’idea stessa del pocolom, anche le iscrizioni ci riportano all’ambiente tirrenico centrale attraverso le divinità, l’onomastica dei personaggi e la menzione di pagi e vici, come suddivisioni interne alla colonia (Franchi De Bellis 1995).

Con la colonizzazione dell’Emilia nei primi decenni del II sec. a.C. cambia anche la funzione di Rimini che smette di essere un bastione, per divenire sempre più un passaggio. Questo ha conseguenze anche sullo sviluppo economico della città, che progredisce non solo per la sua vocazione commerciale, ma anche per lo sfruttamento delle colline e della pianura a scopo silvo-pastorale e agricolo, nonché per la produzione di manufatti fittili di diverso tipo, tra cui sono da segnalare le terrecotte architettoniche di gusto ellenistico e i laterizi che domineranno l’economia del Riminese da lì in poi. In questo periodo, infatti, sono più che mai evidenti gli apporti dall’ambiente greco e magno-greco e nell’ambito della ceramica vediamo convivere produzioni locali con atelier che sono stati individuati archeologicamente in città e nel suburbio e importazioni di taluni oggetti, come anfore e lucerne. La realizzazione delle terrecotte architettoniche, appena menzionate, era certamente indirizzata ad un’edilizia residenziale privata, che andò via via aumentando il suo pregio secondo le mode del tempo, ed era organizzata in insulae con il lato lungo sull’asse dei cardines. Il benessere di una parte della società, traino dello sviluppo economico della colonia, emerge sia dai prodotti scultorei che dall’epigrafia funeraria della tarda Repubblica. Per quest’epoca non si possono tralasciare due iscrizioni: quelle dei duoviri che fanno riferimento al rifacimento della cinta muraria e sono da porre subito prima della guerra sociale, quando la colonia si trasformò in municipio di diritto romano.

Pochi anni dopo la città, fedele alla sua tradizione popolare, appoggiò Mario nella guerra civile, causando la ritorsione del vincitore che la saccheggiò, anche se ancora permangono dubbi sull’entità dell’avvenimento. Forse proprio in conseguenza dello scontro fu completata l’opera di riassetto delle fortificazioni con il rifacimento delle porte Romana – sul sito del successivo arco di Augusto - e Montanara nella forma a doppio fornice con controporta, di cui uno è tuttora visibile, rimesso in situ in fondo all’attuale via Garibaldi. Ancora nel corso delle guerre civili, si acquartierò Cesare dopo aver passato il Rubicone, poiché era la prima città all’interno dei confini d’Italia, tra l’altro di solide simpatie per la pars popularis, come venne riaffermato dalla deduzione di una seconda colonia da parte di Antonio in esecuzione delle volontà del defunto dittatore, rinforzata poi con nuove assegnazioni augustee, tanto che la città portò poi il titolo di colonia Augusta.

A prescindere dall’anno imprecisato di quest’ultimo provvedimento, il governo del primo principe rappresentò a Rimini, come altrove, una tappa fondamentale sia sul piano urbanistico sia su quello sociale, poiché si insediarono veterani su terreni incolti e andarono a sostituire o – quanto meno – ad integrare il ceto elevato dell’ultima fase repubblicana. L’attenzione di Augusto per la città emerge in primo luogo dall’erezione dell’arco, del teatro e infine del ponte sul Marecchia, pur completato da Tiberio, di cui tuttora porta il nome. Anche lo sfortunato nipote dell’imperatore, Gaio Cesare, si era prodigato per proseguire nella politica di benevolenza verso i Riminesi, provvedendo alla lastricatura delle vie, come ci testimonia un’iscrizione.

Per il resto, nell’età imperiale non si segnalano fatti importanti e i principi sono noti solo da alcune dediche. Per quanto riguarda la società, l’epigrafia – prevalentemente quella funeraria – ci restituisce un quadro variegato con alcuni monumenti grandiosi ed eleganti e altri tipici di arte plebea, anche se il livello di manufatti e scrittura è mediamente alto, poiché l’accesso doveva avvenire solo in presenza di discreti capitali (Donati 1980: 234). Le buone possibilità economiche, insieme alla presenza di un attivo porto e alla vicinanza alla sede della flotta a Ravenna, provocarono un consistente afflusso di genti aliene (Dal Maso 2003). In parte questi nuovi ingressi, un fenomeno più ampio che coinvolse tutto l’Impero, sono responsabili dello sbarco in città di nuove mode, all’interno delle quali possiamo ricomprendere anche certi culti, collegabili in prima istanza all’Oriente, ma che si diffusero poi al di fuori di questi circoli tra II e III sec., rispondendo meglio a certe istanze interiori, per le quali i culti tradizionali non erano più considerati appropriati.

La crisi sociale ed economica del III sec., che colpì la parte occidentale dell’Impero, è ravvisabile a Rimini anche in un ben preciso evento traumatico che devastò quanto meno un quartiere della città, come si deduce dallo stato improvviso di abbandono cui andò incontro la domus del chirurgo (Ortalli 2003: 111). Il fatto può essere individuato da diversi indizi nella scorreria degli Alamanni del 258, episodio, comunque, non isolato, tanto che l’imperatore Gallieno, preso atto dello stato rovinoso delle mura della città, ne decise la riedificazione, includendo per la prima volta anche i lati della città affacciati sul mare e sul Marecchia e, com’è ben documentato all’epoca, inglobando nella cinta anche l’anfiteatro. Indice dello stato di perenne minaccia esterna in cui versava questo quadrante è anche la battaglia combattuta vittoriosamente da Aureliano contro popolazioni germaniche nel 271 presso il Metauro, non lontano da Rimini. Non a caso un’altra lettura della storia della città vede in questi anni la distruzione della domus e la costruzione della nuova cinta muraria (Braccesi 2008). Dal IV sec. la città pare aver perso la coesione urbanistica e sociale propria dell’età alto-imperiale, con l’abbandono o la defunzionalizzazione di intere aree; ciononostante, in particolare dopo il trasferimento della capitale a Ravenna nel 402, si assiste contemporaneamente alla ripresa di un’attività edilizia di alto livello, per ospitare personaggi di alto rango connessi alla corte romana d’Occidente prima e gota poi.

Il Cristianesimo, che aveva preso piede in città fin dai suoi primi tempi, si organizzò velocemente e per il 313 è attestato già un vescovo: Stemnio (Assorati 2014). I fatti più rilevanti da ricordare avvenuti in città, prima del tramonto dell’evo antico, sono il concilio del 359 e la destituzione di Attalo nel 409 da parte di Alarico, l’anno precedente del sacco di Roma, dopo che lui stesso lo aveva creato imperatore contrapponendolo al legittimo Onorio. Nel 492, infine, Teodorico, nell’intento di dare l’assalto ad Odoacre a Ravenna, utilizzò Rimini come base. Come appena detto, la fine della vita civica, come città romana, - con la creazione di sepolture un po’ovunque nelle precedenti abitazioni - si può individuare al momento della guerra greco-gotica, durante la quale Rimini fu strategica per la sua vicinanza alla capitale, cosicché passò dai Goti ai Bizantini, per poi resistere ad un nuovo assedio dei soldati di Vitige per più di tre mesi con le conseguenti devastazioni, quindi fu dei Goti nuovamente e dovette subire in particolare la distruzione dell’ultima arcata verso Nord del ponte di Tiberio, per il tentativo dei Goti di bloccare la marcia imperiale. Finalmente nel 553 la città passò sotto il controllo di Narsete in via definitiva e divenne quindi capitale della Pentapoli. Dopo che nel secondo quarto dell’VIII secolo le scorrerie dei Longobardi avevano colpito ripetutamente i possedimenti bizantini, nel 751 questi furono ceduti ai nuovi dominatori.

Sources littéraires

Varr. RR 1. 2. 7; Caes. civ. 1. 8-12; Cic. Caec. 102; Phil. 12. 23; Verr. 2. 36; Quint. 2. 13. 1; Att. 5. 19. 1; ad fam. 8. 4; 17. 1; 16. 12. 2-4; Aug. RG 20. 5; Hor. Ep. 5; Str. 5. 1. 2-3, 11; 2. 1, 9-10; Liv. 15; 21. 15. 6; 51. 6-7; 63. 10; 24. 44. 3; 27. 7. 11; 10. 7; 28. 38. 13; 46. 13; 29. 5. 9; 30. 1. 9; 31. 10. 5; 11. 1; 21. 1; 48. 9; 32. 1. 2, 5; 34. 45. 7; 35. 22. 3; 39. 2. 10; 41. 5. 11; Val. Max. 7. 7. 4; Plut. Caes. 32. 8-9; 33. 1; Pomp. 60. 1; Cato m. 52. 1; Luc. 1. 183-391; Plin. nat. 3. 112, 115; 6. 218; 7. 163; 10. 50; 27. 131; Pomp. 2. 4; Tac. hist. 3. 41-42; Phleg. Trall. Fr. 37. 21; Flor. 2. 13. 19; Suet. Caes. 1. 31. 7; 32; 81. 2; 2. 30. 1; App. BC 1. 67, 87, 90-91; 2. 137-141; 3. 184-189; 4. 10-11; 5. 33; Gran. 35. 28; Ptol. Geog. 3. 1. 19, 22-23; D.C. 41. 4. 1; 53. 22. 2; 55. 34. 3; Itin. Ant. Aug. 100. 4; 126. 4-5, 10; 286, 7; Itin. Burd. 615. 6; Fest. 23. 12; Opt. Mil. Don. 1. 23; Aug. Iul. 1. 75; coll. Maxim. 2-4; 15; contra Maxim. 2. 14. 3; TP segm. 4; Socr. hist. eccl. 2. 30. 3; 37. 1-6, 12, 16-17, 27-30, 54-56, 78-79, 89-90, 96-97; 39. 1; 41. 5-6, 17-22; 43. 9; 45. 10; 3. 10. 5; 4. 4. 2; 6. 1; 12. 3, 7; Conc. Paris. p. 33-34; Hil. syn. 8; Athan. syn. 1. 1-4; 8. 1-2; 10. 1-2; 11. 3; 13. 1; 30. 1; 55. 1-3; hist. Ar. 81. 14; Afr. ep. pp. 1032-1033, 1036, 1040-1041, 1044, 1048; Soz. hist. eccl. 3. 19. 6; 4. 9. 5; 16. 21; 4.17-19, 23, 24.1; 26. 2; 29. 1; 9. 7. 8; Vinc. comm. 29; Eutr. 5. 8; 6. 19; Oros. hist. 6. 15. 3, 6; Onor. 19. 9; cod. Theod. 16. 1. 4; 2. 15; Sid. Apoll. ep. 1. 5; Lib. ep. cath. 1; Eus. ep. 3. 1; Geron. alt. 18-19, 26; apol. 2. 19; chron. Olymp. 284, 3, Constantius II Imp. XXII, [d], XXIII, [a]; ep. 69. 2; vir. ill. 100; Iul. Oss. 53; Iord. Get. 160; Rom. 375; Prisc. 2. 60; Ruf. hist. eccl. con. 1. 22; 2. 15; adult. 11; Ambr. fide 122; exp. Luc. 71; ep. 10. 75-75a; auctaria Prosperi 432, 493; Fasti Vind. 644; Eug. vita Sev. praef.; Consentius, de duabus partibus; Prosp. chr. 1104; Epiph. 104; Symm. ep. 9. 48, 120; Fac. pro difensione 12. 5. 3; Mocianum 64; Ven. Fort. vita Hil. 8. 24-28; Hil. Poitiers ar. 8, 15; Faust. prec. 5. 7; 13. 21; 33. 16; Genn. vir. ill. 16; Bas. ep. 69. 1; de trin. 5. 1; testimonia de fide cath. 3; auct. Marcelini sub 538.4; Sulp. Sev. chron. 2. 41. 1-2; 43.1; 45.5; Theod. hist. eccl. 2. 18-22, 23; Vict. di vita 3. 6; Zos. hist. 5. 37. 3; 48. 2; 6. 12. 2; Proc. hist. 6. 10. 5-6, 8; 11.3-4; 12.1-3; 16. 21-17. 22; 19.1, 8-10, 18; 20, 27-33; 7. 11. 19; 38. 23; 8. 28. 2-4; Vigilius const.; Agath. 1. 21. 2-3; An. Rav. 4. 31; 5. 1; Guido 69;

Sources épigraphiques

CIL I2, 2129-2132; 2885-2887; 2894-2901; 3558b-c3559;
CIL XI, 353-553; 6787-6801;
AE 1932, 61-62; 1945, 29; 1950, 84; 1952, 56; 1961, 135; 1965, 280-288; 1974, 332; 1976, 200; 1981, 379-379b; 1983, 410-412; 1985, 396; 1995, 488; 2000, 580; 2001, 972; 2003, 650; 2005, 525;
61 schede di Ariminum sono disponibili sul database EDR (www.edr-edr.it).
181 monumenti conservati al Museo della Città con foto sono catalogati sul sito dell'IBC (http://bit.ly/2DI8vcr)

Bibliographie

Luni 1995, p. 201-205
Lenzi 2006, p. 3-48
Assorati 2014, p. 117-126

Protection / Conservation

Etat

Propriété
public
Visible
oui
Réenterré
oui
Notes
I monumenti principali sono visibili, ma, come in tutte le città con continuità abitativa, alcuni scavi, i cui risultati figurano nella letteratura, sono stati reinterrati.

Protection

Protégé
oui
Autorité responsable
Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini
Contacts
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48121 RAVENNA
tel. 0544 543711
fax 0544 543732

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Risque

Niveau
null
Type
pas de risque

Valorisation

Musée de site

Musée de site
oui
Adresse
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via L. Tonini, 1
47921 RIMINI
http://www.museicomunalirimini.it/musei/museo_citta/

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Corso d'Augusto, 235
47921 RIMINI
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Contacts
Vedi Musei

URI : http://adriaticummare.org/adriatlas?idSite=1019

DOI : 10.21412/adriatlas_1019